Cari diocesani, fratelli e sorelle,
il tempo di Avvento è ormai terminato e, dopo questo cammino orante e vigilante, ci apprestiamo a celebrare il Natale di Gesù.
Una festa che rischia di essere vissuta solo nel suo aspetto esteriore o con sentimenti di buonismo a buon mercato, che poco incidono nella nostra vita di fede.
Siamo ancora in emergenza sanitaria, ma quest’anno la situazione è migliorata di molto rispetto all’anno scorso.
Dobbiamo continuare ad impegnarci di più ed essere sempre prudenti e attenti, per il bene di tutti e delle persone più fragili.
Seguendo i rituali tradizionali, si sono allestiti i presepi nelle nostre chiese e in tante case, ma anche tutto questo rischia di essere solo folklore.
Noi davanti al presepio, oltre all’aspetto estetico, ci dobbiamo fermare a pensare in silenzio.
All’inizio non c’è niente da ascoltare, c’è solo da guardare e osservare.
I personaggi principali, Maria e Giuseppe, non parlano, restano muti.
E nessuna parola può pronunciare il neonato.
A parlare sono i fatti: la povertà, il disagio, una stalla come ricovero e una mangiatoia come culla.
Sì, questo è il nostro Dio: il Dio cristiano è imprevedibile.
Non si arriva a lui seguendo principi di ragione.
È un Dio che occorre accettare così com’è, per scoprire poi la ricchezza e la sovrabbondanza di luce che egli rivela.
Qui non ci sono le folle, la ricerca dell’audience, qui tutto è dimesso, quasi segreto.
E questo fa nascere in noi una certezza: Dio ci ama gratuitamente, ci ama prima che noi lo amiamo ed è pronto a sacrificarsi per il nostro bene.
Ci ama non perché siamo bravi e capaci, ma proprio perché fragili e poveri.
E lui per amore nostro si è fatto vulnerabile, fragile, povero e indifeso come un bambino.
Contemplando il presepio, dobbiamo allungare lo sguardo e pensare a cosa farà quel bambino, come realizzerà la sua vita e la sua missione.
Dio si fa uomo per salvare l’uomo con il dono della sua vita in croce.
Non possiamo lasciarci suggestionare da una grazia a “poco prezzo“, che ci lascia esattamente come siamo.
Tutto comincia dal presepio, dalla povertà estrema e dalla fragilità disarmante del bimbo Gesù.
E tutto ciò ci porta a contemplare il suo amore smisurato sulla croce e ci fa udire un altro annuncio imprevedibile, quello della Resurrezione.
Ricordo che nella mia chiesa parrocchiale, quando si doveva allestire la culla con la statua del bambino Gesù, l’unico spazio possibile era quello sotto il grande crocifisso cinquecentesco. Che contrasto fortissimo e quale messaggio visivo straordinario!
Un neonato e sopra di lui il suo futuro, il vertice della sua missione.
Il Vangelo di Luca che ascolteremo nella messa della notte e l’icona della Natività della tradizione bizantina, che mettevo davanti all’ambone della Parola, erano segni eloquenti per chi era attento a coglierli.
-Le fasce del bambino richiamano la sindone in cui verrà avvolto il corpo del Crocifisso.
-La mangiatoia dipinta come una tomba ci ricorda che quel bambino morirà per noi e per noi si farà cibo di immortalità.
-La mancanza di un posto dove alloggiare rinvia al rifiuto che gli sarà riservato e che culminerà nella condanna e nell’esecuzione.
Ecco, cari fratelli e sorelle, come dobbiamo accostarci al presepio, come dobbiamo lasciarlo parlare nel silenzio e nella preghiera.
Andiamo dunque nelle nostre chiese con tutte le nostre povertà e fragilità; andiamo con tutte le difficoltà che la vita ci riserva, sicuri che l’annuncio della buona novella è per i poveri e i disprezzati, come lo furono i pastori, che per primi andarono ad adorare Dio nella carne di un bambino e il loro cuore fu pieno di gioia e consolazione.
È la stessa gioia e consolazione che auguro a ciascuno di voi e a tutte le nostre comunità parrocchiali, con i sacerdoti responsabili e tutti i collaboratori.
Un ricordo per tutti nella celebrazione della messa della notte.
Carissimi auguri di ogni bene.
Buon Natale!
+ Gianni
Vescovo