Cari diocesani, fratelli e sorelle,

in questi giorni, leggendo un testo di riflessioni quaresimali, mi sono imbattuto in una frase del poeta e drammaturgo irlandese Samuel Beckett (1906 – 1989), che così in -Aspettando Godot- ha scritto: “Un giorno siamo nati, un giorno moriremo, lo stesso giorno, lo stesso istante. Partoriscono a cavallo di una tomba, il giorno splende un istante, ed è subito notte”.

Una visione estremamente negativa della vita umana. Sembra che vivere significhi essere condannati a morire; che il vivere sia un percorso che ci porta verso il buio del nulla.

Solo un viaggio nella “Valle di lacrime” come preghiamo nella Salve Regina; un cammino tutto impastato di dolore.

Certamente non possiamo sfuggire alla serietà e alla tragicità di queste riflessioni.

Anche perché da un anno viviamo situazioni di emergenza sanitaria e di precarietà, che finora hanno messo in ginocchio intere nazioni, con tutti i problemi e le conseguenze che si ripercuoteranno su di noi nei prossimi anni.

Ufficialmente in Italia, più di 100.000 famiglie piangono la morte di un loro caro. La morte e il dolore si insinuano, penetrano nei nostri giorni, nei nostri affetti, nei nostri amori. Perché spesso ci si sente portar via il cuore. È veramente pesante questo tempo, non possiamo nascondercelo… 

La crisi economica si fa sentire, con attività che chiudono e con operai e lavoratori che rischiano di essere lasciati a casa con famiglie da mantenere; i bambini, i ragazzi e i giovani stanno perdendo tempo preziosissimo destinato a costruire e alimentare relazioni di vita. Anche nel nostro territorio la situazione è difficile e la tentazione è quella di rassegnarsi all’inevitabile…Certo, tante cose cambieranno, ma in questo buio, ancora una volta, si fa strada una luce, un annuncio, una speranza, una incredibile e inaudita speranza: “Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto.” (Mt. 28,5-6)

Gesù di Nazaret, il crocifisso è risorto! Dove non c’era che morte disperazione, ora c’è la vita senza fine.

Questa è la fede dei cristiani, la nostra fede.

Questa è la nostra speranza, questo il nostro “destino”.
Questa è la Pasqua: una morte, ma una morte sconfitta che diventa vita nuova.
Chi guarda la Pasqua vi ritrova tutta la sua vita: vi ritrova le lacrime, il grido di un abbandono, il dolore insopportabile di una perdita, e insieme vi ritrova una speranza talmente grande da essere indicibile. Chi guarda alla Pasqua vede un uomo appeso a una croce, che i chiodi non hanno potuto fermare. 

Sì, alla Pasqua è “appesa” la nostra vita.

Quella sulla morte, con il suo riflesso sul senso della vita, è la domanda fondamentale, alla quale risponde l’evento della Pasqua del Signore Gesù: Cristo è risorto! L’ultima parola non è della morte, ma della vita. Un’unica vita piena, sia pur diversamente caratterizzata, alla quale siamo chiamati a partecipare fin da ora. La fede in Cristo, quindi, è questione decisiva.     

Se dal nostro orizzonte togliamo Cristo e la sua risurrezione, tutto finisce con la morte; ogni speranza umana rimane un’illusione. Come dice l’apostolo Paolo: 

“Se Cristo non è risorto, vuota è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede”  (1 Cor, 15, 14) Quella nella risurrezione, non è una fede che nasce da ragionamenti umani, ma una certezza che si fonda su uno storico dato di fede, trasmesso a noi , a partire dalle donne, come ho ricordato prima, che trovano il sepolcro vuoto la mattina di Pasqua e alle quali viene detto: “E’ risorto!”; “Non cercate tra i morti colui che è vivo”. Papa Benedetto XVI nel 2° libro della trilogia sulla vita di Gesù, che scrisse nel 2011 afferma: “Nella resurrezione è avvenuto un salto ontologico che tocca l’essere come tale, è stata inaugurata una dimensione che ci interessa tutti e che ha creato per tutti noi un nuovo ambito della vita, dell’essere con Dio”.

Pertanto, la risurrezione di Gesù Cristo è il centro e il fondamento della fede e della vita della Chiesa; è la fonte di ogni nostra speranza; è il motore e la benzina che consente di osare sempre nuovi percorsi.

La Pasqua del 2020 l’abbiamo vissuta con le chiese chiuse e senza fedeli, quest’anno, sia pur con tante norme e distanziamenti da osservare, ci ritroveremo insieme per sperimentare l’incontro con il Risorto, che per noi si dona nel Pane della vita e nella Grazia dei Sacramenti.

In questa Pasqua affido al Signore risorto tutte le famiglie delle nostre parrocchie, gli ammalati, gli anziani, le sofferenze e i dolori che segnano la nostra vita, affinché Lui, con la sua Luce immortale, ci illumini e ci conforti.

BUONA PASQUA! 

                                                                                                                      + Gianni Sacchi, vescovo