Omelia di Mons. Gianni Sacchi per la Celebrazione Eucaristica nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio

 

Cattedrale di Casale Monferrato, 1 gennaio 2020

 

Un benvenuto a tutti voi cari fratelli e sorelle, ai Signori Canonici e ai sacerdoti presenti.

Sono molto contento di iniziare questo nuovo anno sotto lo sguardo materno di Maria che oggi invochiamo come Madre di Dio. E’ davanti ai nostri occhi la sua immagine che stringe tra le sue braccia il Dio bambino che si abbandona al suo materno amore come siamo chiamati a fare noi. A lei affidiamo le sorti dei popoli e la costruzione della pace nel mondo. Da 53 anni i papi ci consegnano un messaggio in occasione di questa giornata del 1° gennaio. E ne abbiamo bisogno perché il nostro mondo è sempre inquieto e ciò che sembrava superato, cioè la non proliferazione delle armi nucleari, sta ritornando con la corsa a missili sempre più veloci e potenti…

Non abbassiamo il livello di attenzione anche nei confronti di una forte attenzione alla natura e all’ambiente in cui viviamo. Occorre essere capaci di leggere la storia e gli avvenimenti con la sapienza che ci viene da Dio come Maria. “Maria serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore“. Quali cose? I fatti accaduti dopo l’Annunciazione. Non poteva dimenticare l’incontro con Elisabetta, il viaggio a Betlemme, l’arrivo dei pastori alla grotta, i magi dall’oriente, la gioia del vecchio Simeone e Anna. C’erano altri fatti da ricordare anche se la tentazione di cancellarli era forte – la minaccia di Erode sul bambino, o le parole misteriose di Simeone sulla spada che trapassa l’anima.

Maria raccoglie tutto e non si limita a custodire, ma cerca di interrogare quegli avvenimenti per trovarne il senso ultimo. Maria è presente perciò nel Vangelo dell’infanzia di Gesù come figura esemplare: rappresenta la dimensione contemplativa della vita che permette di scoprire la verità ultima di ciò che ci è dato di sperimentare, a volte con gioia e più spesso con dolore. Dio infatti ci parla attraverso gli avvenimenti.  Dio ci ha parlato nei fatti che hanno segnato l’anno appena trascorso e ci parlerà lungo il nuovo anno purché siamo attenti, come Maria, a leggere – dentro le situazioni –  il dispiegarsi di un disegno e lo svelarsi di un segreto. Questo segreto lo possiamo già conoscere, anche se rimane poi da vivere e da verificare attraverso la Parola di Dio che viene proclamata dalla liturgia in questa celebrazione.

La nostra vita è benedetta da Dio (prima lettura). All’inizio del nuovo anno ci scambiamo auguri di salute, pace, benessere.  Anche Dio ci rivolge il suo augurio.  Ci augura di sentirci sempre benedetti da lui.  Come ci benedice il Signore?  Rivolgendo il suo volto su di noi – (prima lettura). Sappiamo quanto sia importante l’espressione del volto di una persona per conoscere i suoi sentimenti. La benevolenza, prima che dalle parole si conosce dal volto, cioè da un sorriso, dalla luce che c’è nello sguardo, dalla dolcezza dell’espressione. Ci sono volti che, anche se ti guardano, sono come distolti da te, perché esprimono indifferenza o peggio, insofferenza. Quando Israele attraversava momenti difficili, pensava che Dio avesse distolto il suo volto.

Oggi il Signore per dirci che ci ama, vuole che ci sentiamo benedetti e che sperimentiamo la sua benevolenza attraverso la luce del suo volto.  È solo un bel modo di dire, una metafora, un’espressione poetica? Da quando Dio, nel Natale di Gesù, si è fatto volto, le parole ascoltate prendono significato nuovo, più vero, concreto. Anzi noi sappiamo che Gesù, il verbo di Dio che si è fatto carne, non ci dona solo la benevolenza del suo volto, ma ci dona la sua presenza, tanto che l’apostolo Paolo poteva dire: “E’ Cristo che vive in me”. Tutta la nostra vita è perciò benedetta perché abitata dalla presenza del Signore. Ci capita a volte di essere salutati con questa domanda: “Ci sono novità?”.

Se fossimo capaci di rientrare in noi stessi, come Maria, sapremmo che cosa rispondere.  Sapremmo, anche se poi ci sarebbe difficile svelare il nostro segreto. Dovremmo dire con le parole di Paolo: “La novità più grande è dentro di me. C’è lo Spirito del figlio di Dio che grida nel mio cuore: Abbà, Padre! Mi sento benedetto e amato come un figlio, posso parlare liberamente a Dio, perché Dio attraverso Gesù Cristo mi si rivela come Padre”.

Se questo segreto dovesse conquistare il nostro cuore, conosceremmo il dono di una grande libertà. Chi si sente figlio di Dio è liberato da ogni paura davanti alla vita, da ogni angoscia davanti alla morte, da ogni preoccupazione di giustificare la propria esistenza. Se si è figli di Dio, si può godere di una profonda pace, secondo ciò che abbiamo ascoltato: “Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace“. Con questa profonda pace ci auguriamo di iniziare e di trascorrere il nuovo anno. Auguriamoci di affrontare con serenità anche gli imprevisti e gli intoppi che dovessero presentarsi.

Auguriamoci di accettare con umiltà anche quello che non riusciamo a capire. Auguriamoci che ogni gesto della nostra vita sia un’espressione di lode. Non c’è bisogno di parole per lodare e ringraziare. Un poeta ha scritto: “La lode è un modo di sentire battere il proprio cuore… È un modo di mangiare il pane del mattino. È un modo di guardare il cielo, ed è pure un modo di guardare l’anno. È un modo di guardare i bambini.  Ed è un modo di asciugare le proprie lacrime. La lode ci insegna a dire ogni giorno: Grazie! Grazie a Dio per il dono della vita, grazie per le persone care, grazie per chi ci vive accanto, grazie di tutto ciò che viviamo…”.

Se prendiamo coscienza di essere figli di Dio, benedetti dal Padre, la serenità, l’umiltà e la lode ci sono dati in dono perché abbelliscano i nostri giorni e ci dispongano a quell’esistenza che il nostro cuore da sempre va desiderando. Buon Anno!