Cari fratelli e sorelle, cari diocesani,

il tempo di Avvento si apre davanti a noi e con tante speranze ci apprestiamo a celebrare un altro Natale, segnato dai timori di chiusure e incertezze sulla pandemia che ancora condiziona la nostra vita.

Ma dobbiamo essere fiduciosi, non rinchiuderci in noi stessi e accogliere ancora una volta il messaggio straordinario che ci porta il Mistero del Natale.

Lo scrittore Dino Buzzati, in un suo racconto, narra di un paese lontano dove “una legge proibisce di occuparsi delle montagne, né di parlarne e neppure di guardarle”. Tutti si adeguano, timorosi. Esse stanno sempre sopra la città, “dalla parte del settentrione, col loro splendore”. Qualcuno “ha già fatto murare le finestre…per non essere tentato di vederle”. Così “le montagne non esistono più e questa è una piatta pianura, ai sensi della legge”. È un racconto che sembra una metafora della “miopia spirituale” da cui, qualche volta, siamo tentati, una miopia che non ci fa vedere oltre e che ci toglie l’audacia del saper porre le questioni, le domande essenziali. Su Dio e sulle persone che incontriamo, anche le più vicine, perché nulla è mai scontato, perché non conosciamo mai abbastanza né Dio, né le persone.

Nei racconti evangelici sul Natale di Gesù ascolteremo queste parole pronunciate dai pastori: “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere“. (Luca 2,15)

Per vedere, per rendersi conto di un avvenimento, di qualcosa di straordinario, è necessario muoversi, uscire, indagare. Chi rimane fermo e seduto al proprio posto, accanto al debole fuoco che ha acceso, rischia di rimanere escluso dalle grandi cose che Signore vuole farci conoscere. Non possiamo guardare da lontano, occorre alzarci e metterci in cammino perché Qualcuno ci aspetta.

Andare fino a Betlemme vuol dire proprio questo: sentire che nella nostra vita non possiamo accontentarci della sola dimensione orizzontale; dobbiamo dilatare lo sguardo per cercare l’Infinito che scende tra noi e si fa incontrare. Sappiamo che camminare non è sempre facile per noi, come sicuramente non sarà stato facile per i pastori quella notte. Hanno lasciato le pecore negli ovili, rischiando di non trovarle al ritorno, eppure sono andati. Hanno rischiato, attratti da quel richiamo e dal messaggio ricevuto in quella notte misteriosa.

Cosa avrebbero trovato? Cosa avrebbero visto? Non lo sapevano bene; si sono fidati di quell’annuncio angelico e sono partiti. Meglio andare inutilmente che rimanere là, accampati vicino alla brace, con il cuore in subbuglio e con una nostalgia struggente di novità e di luce. E i pastori lo hanno trovato: sotto la volta stellata, nella povertà di una stalla hanno visto Dio in un neonato. È stata la ricompensa per tutti i disagi del viaggio.

Il volto di quel bimbo ha riempito di pace il loro cuore, ha alleviato e dato un senso ad ogni loro pena. Se vogliamo incontrare questo Dio, se vogliamo vivere l’esperienza dei pastori, dobbiamo alzarci a metterci in cammino. E non possiamo mancare all’appuntamento: perché poi ci mancherebbe qualcosa, per sempre.

E allora quali sono le pecore che dobbiamo lasciare, qual è il fuoco che dobbiamo spegnere, qual è il mantello che dobbiamo metterci addosso prima di incamminarci nel buio di quella notte? Solo ciascuno di noi conosce le proprie resistenze, le difficoltà spirituali che ci impediscono di alzarci.

Che cosa ci blocca?

Riproviamo: tra non molti giorni è Natale e possiamo trovare davvero la luce che rischiara le nostre tenebre e illumina i nostri passi. Betlemme non è lontana. Dio ci aspetta, ci chiama. Lui ha fatto il tratto di strada più lungo, perché noi potessimo incontrarlo prima. Tocca a noi, ora, andargli incontro.

Dio non poteva inventarsi un modo più inaudito e originale per incontrarci: farsi bambino, per farsi contemplare e prendere in braccio. Questo è stato ciò che ha fatto l’amore di Dio per noi. Quando nelle Messe di Natale un’ostia bianca sarà mostrata a tutti: “Questo è il mio corpo…“, stiamo sicuri che è Lui, il nostro Dio, che ancora una volta viene in mezzo a noi per trasmetterci la sua vita e la sua pace.

Nella notte di Natale, all’altare del Signore, porterò nella preghiera tutte le nostre comunità parrocchiali, le persone sole, gli ammalati e coloro che per tanti motivi sono nel dolore e nella sofferenza.

Il Bambino di Betlemme benedica tutti noi!

                                                                                                                                                                                          + Gianni Sacchi, Vescovo