E’ stata celebrata la sera di martedì 2 dicembre, in Cattedrale a Casale, la Veglia di preghiera di inizio anno liturgico, durante la quale il vescovo mons. Gianni Sacchi ha consegnato alla Diocesi il documento “Lievito di pace e di speranza”, sintesi del cammino sinodale delle Chiese in Italia.
L’omelia del Vescovo
Ecco il testo dell’omelia
Carissimi fratelli e sorelle, un saluto a tutti voi qui presenti, ai sacerdoti e diaconi, al Consiglio pastorale diocesano, all’équipe sinodale, a tutti i rappresentanti delle nostre Unità Pastorali.
In questa veglia di Avvento, raccolti nella nostra Cattedrale, la Parola di Dio ci raggiunge come promessa e come chiamata.
Annuncia un tempo nuovo, un tempo di consolazione, ma anche un tempo di decisione.
Il profeta Isaia ci ha mostrato l’immagine potente del germoglio che spunta dal tronco di lesse.
È un’immagine di speranza nata dentro una ferita: un albero tagliato, un popolo deluso, una storia che sembra fallita.
Eppure, proprio là dove l’uomo vede un tronco morto, Dio fa nascere vita.
E su quel germoglio – dice Isaia – si poserà lo Spirito del Signore:
Spirito di sapienza, di consiglio, di fortezza, di conoscenza e di timore di Dio.
Fratelli e sorelle, non è forse questa anche la nostra storia ecclesiale?
Quante volte abbiamo l’impressione di essere un tronco indebolito, segnato dalla stanchezza, dall’indifferenza religiosa, dalla fatica nel coinvolgere le nostre comunità.
Eppure, proprio qui, nella nostra povertà, lo Spirito opera con forza.
Lo Spirito non chiede alberi possenti, ma cuori disponibili.
Il percorso sinodale che anche noi abbiamo fatto con le altre 225 Diocesi italiane, che questa sera trova nella consegna del Documento una tappa fondamentale, è stato esattamente questo: permettere allo Spirito di far germogliare vita dove pensavamo ci fosse aridità.
Il libro degli Atti che abbiamo ascoltato ci ricorda che già la Chiesa apostolica, davanti alle sfide nuove, non si è chiusa nella paura, ma ha scelto il confronto, l’ascolto reciproco, il discernimento comunitario.
I primi discepoli hanno potuto dire: “È parso bene allo Spirito Santo e a noi”. Non: “a noi da soli”, ma allo Spirito Santo e a noi.
Ecco l’icona della Chiesa sinodale: una Chiesa che si ascolta; una Chiesa che discerne; una Chiesa che decide insieme.
Devo confessarvi che quando, su insistenza di papa Francesco, come Cei abbiamo fatto partire il cammino sinodale italiano, inizialmente c’è stato anche per me un certo scetticismo: l’impressione di un percorso indefinito, complesso, forse segnato da aspettative difficili da realizzare. Ma poi… ho visto. Ho visto comunità che si sono lasciate mettere in gioco, fedeli che hanno scoperto di essere parte viva del corpo ecclesiale, alcuni nostri sacerdoti che hanno sostenuto con generosità questo percorso.
Dove si è pregato, dove la Parola ha risuonato, dove ci si è ascoltati senza timore, lì lo Spirito Santo ha operato. Sono rimasto sorpreso – e direi toccato – nel vedere che i temi emersi nel confronto nella nostra diocesi coincidevano con quelli delle altre Chiese italiane. Senza essersi consultati tra Diocesi, è affiorata la stessa voce.
È il segno di un unico Spirito che lavora nelle comunità, anche quando sono lontane, piccole o fragili. È il frutto di una Chiesa che non si è chiusa nella paura, ma si è lasciata guidare dal soffio di Dio.
Nel Vangelo abbiamo ascoltato una delle pagine più luminose e sorprendenti: “Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo”.
Il Signore loda il Padre perché i piccoli, non i sapienti, hanno riconosciuto l’opera di
Dio. È la gioia del Maestro che scopre un popolo in cammino, non fermo, non passivo. Posso dirlo con sincerità e con gratitudine: in questi quattro anni di Sinodo ho visto questa gioia. Ho visto la gioia dei fedeli nel sentirsi corresponsabili della vita della
Chiesa. Ho visto la gioia dei gruppi che, lavorando insieme, hanno riscoperto la bellezza della loro comunità Ho visto la gioia della fede che nasce non dalla perfezione delle strutture, ma dall’essere figli, tutti figli, tutti coinvolti.
Sono convinto – e lo dico con umiltà ma anche con fermezza – che questi anni sono stati un dono provvidenziale. Ci hanno fatto sperimentare la gioia e la responsabilità dell’essere tutti corresponsabili del cammino ecclesiale.
Ma ora, fratelli e sorelle, è tempo di passare dall’ascolto alle decisioni. Il Sinodo non finisce: inizia. Ora il cammino di quattro anni deve trovare risposte concrete. Sappiamo le difficoltà del nostro territorio e delle nostre comunità: difficoltà nel far funzionare e maturare i consigli pastorali dove ci sono solo formalmente, o iniziarli e prepararli dove sono assenti; difficoltà nel vivere la partecipazione non come discussione, ma come discernimento nello Spirito; difficoltà nel coinvolgere i sacerdoti in questo cammino; difficoltà nel sentire comune la responsabilità dell’annuncio e della cura delle strutture.
Il Documento che consegniamo questa sera non è un archivio da conservare, non è un trofeo da esibire, non è un punto di arrivo. È un testo su cui la Chiesa Italiana dovrà confrontarsi.
La settimana scorsa ad Assisi noi Vescovi italiani abbiamo approvato una mozione importante di cui vi leggo alcuni passaggi: “Riteniamo che il Documento di sintesi del
Cammino sinodale ‘Lievito di pace e di speranza’, approvato dalla terza
Assemblea sinodale, non solo rappresenti una preziosa testimonianza dello stile di condivisione e confronto vissuti in questi quattro anni, ma offra anche al discernimento dei Pastori e alle comunità ecclesiali linee di indirizzo e proposte per dare concretezza a una Chiesa missionaria, prossima e sinodale.
Pertanto, traendo frutto da quanto emerso dal dialogo di questa Assemblea Generale,
deliberiamo
la ricezione del Documento di sintesi del Cammino sinodale delle Chiese che sono in
Italia ‘Lievito di pace e di speranzai, con i suoi orientamenti e le sue proposte, considerandoli alla luce delle priorità pastorali emerse in questa Assemblea a partire dal Documento stesso.
Consapevoli della nostra responsabilità di Pastori e partecipi della vita del nostro Paese, Noi, Vescovi italiani, assumiamo l’impegno, insieme con le nostre Chiese e collegialmente come Conferenza Episcopale Italiana, a continuare a camminare insieme ricercando modi e tempi per dare concretezza agli orientamenti e alle proposte emersi in questi anni.
Affidiamo al Consiglio Permanente e al gruppo di lavoro di Vescovi, costituito dalla
Presidenza su mandato del Consiglio Permanente stesso, il compito di indicare percorsi di studio e approfondimento per il discernimento degli orientamenti e delle proposte del Documento di sintesi, in particolare quelli rivolti alla Conferenza Episcopale Italiana”.
È consegnato alla Diocesi, sì, ma in primo luogo a me, ai sacerdoti e ai diaconi. Richiede scelte, richiede impegno, richiede continuità. Nessuno può tirarsi indietro. Nessuno può “stare a guardare”. Le difficoltà esistono. A volte abbiamo l’impressione che la fiamma si stia spegnendo, che tutto sia indifferente. Ma abbiamo toccato con mano – e non lo dico come un’idea, ma come testimonianza – che, quando si coinvolgono le persone, quando si crea un clima di ascolto e di corresponsabilità… allora lo Spirito opera. E Lui è capace di far fiorire il deserto e di far sgorgare sorgenti in terre aride.
Fratelli e sorelle, confratelli sacerdoti e diaconi, questa veglia non ci consegna solo un Documento, ma una missione. Dio, attraverso questo cammino, ci dice: siate lievito di pace e di speranza. Non un lievito chiuso nel sacchetto, ma un lievito che si mescola alla farina, che si dona, che scompare per far vivere.
Una Chiesa sinodale non è una teoria: è un modo di vivere, di pensare, di servire. È un volto di Chiesa che faccia venire voglia di restare, di partecipare, di credere.
In questa preghiera di Avvento, mentre attendiamo il Signore che viene, vogliamo offrirgli la nostra Diocesi: con le sue ricchezze e le sue fragilità con i suoi successi e le sue fatiche, con i suoi sogni e le sue ferite.
Vogliamo dirgli: Signore, non sappiamo come sarà il domani, ma sappiamo che lo vivrai con noi. Non temiamo la debolezza, perché il tuo Spirito è forza. Non temiamo il nuovo, perché Tu sei il Vivente. Rendici Chiesa sinodale, Chiesa fraterna, Chiesa missionaria.
E Maria, la Vergine dell’Avvento, Madre della Chiesa e Madre dell’Abbandono, ci accompagni nel cammino: lei che è rimasta in ascolto, che ha creduto, che ha camminato, che ha custodito, ci ottenga un cuore capace di unità, di servizio e di speranza.



