CREA – “Cari fratelli e sorelle, quale invito ci rivolge oggi la Madonna assunta in cielo? Almeno tre strade concrete: 1. Custodire la bellezza della fede in famiglia. In Diocesi da tempo viene proposta l’iniziativa della lettura del Vangelo nelle case. Ogni casa cristiana può diventare un piccolo santuario, come questo di Crea. Riprendiamo a pregare insieme, a benedire i figli prima di dormire, a ringraziare prima dei pasti. Una fede vissuta con semplicità disarma la durezza del mondo. 2. Essere Chiesa in uscita, come Maria Maria, subito dopo l’Annunciazione, si alza e va in fretta verso Elisabetta. Anche noi, Chiesa pellegrina e missionaria, siamo chiamati a non chiuderci, ma a portare il Vangelo nei luoghi della vita: scuole, fabbriche, ospedali, paesi desertificati di fede. Portiamo la carità, l’ascolto, la prossimità. Anche solo una visita, un gesto, una benedizione, possono riaprire cuori chiusi. 3. Imparare da Maria la fiducia nella vittoria di Dio. Maria ha vissuto il Calvario, ma non ha perso la speranza. Anche noi, pur tra crisi, persecuzioni culturali, calo di vocazioni, non dobbiamo cedere al pessimismo”.
Questo l’invito rivolto dal vescovo mons. Gianni Sacchi ai fedeli che a Ferragosto sono saliti a Crea per la tradizionale e solenne celebrazione dell’Assunzione di Maria in cielo, festa patronale del santuario monferrino. Il Vescovo ha anche invitato tutti a mettersi sotto il manto di Maria e ad affidarsi a Lei. In questo Anno santo, la Messa ha avuto anche il valore di celebrazione giubilare.
All’altare con il Vescovo c’era il rettore mons. Francesco Mancinelli. Sulla piazza anche autorità militari e civili (i sindaci di Serralunga, Ponzano, Conzano e il vice sindaco di Moncalvo).
Ad animare la liturgia il coreo dell’Unità pastorale Sant’Evasio – Cappella della Cattedrale, diretto da Anna Maria Figazzolo, con alla tastiera Matteo Camagna.
Questo il testo dell’omelia di mons. Sacchi
Sorelle e fratelli carissimi, oggi siamo convocati da Dio in questo luogo santo – il Santuario di Crea – cuore pulsante di fede, bellezza e memoria viva per il nostro popolo.
E siamo qui, nel cuore dell’estate, in questo anno santo della Speranza, a celebrare una verità luminosa della nostra fede: Maria, la Madre del Signore, è stata assunta in cielo in corpo e anima, primizia dell’umanità redenta, segno di speranza certa per tutti i credenti.
L’Assunzione non è una favola consolatoria o una leggenda devota.
È un segno profetico inciso nella carne della nostra fede: in Maria, Dio ha portato a compimento ciò che vuole fare in ciascuno di noi. In Lei non ha vinto la morte, ma la Vita. Non ha trionfato la corruzione, ma la comunione.
Non si è imposto il nulla, ma la gloria. San Giovanni Damasceno lo proclama con forza: “Era conveniente che colei che aveva portato il Creatore nel suo grembo abitasse nei tabernacoli celesti” (Omelia sulla Dormizione, l). E san Paolo VI aggiunge: “In Maria, assunta in cielo, contempliamo il destino finale che attende tutti coloro che accolgono Cristo nella loro vita” (Marialis Cultus, 6). Questa verità, così luminosa, oggi ci ricorda che non siamo fatti per l’abisso, ma per il cielo.
Ma cosa ha da dire questa solennità al nostro tempo? A un’epoca che spesso deride la fede, che svuota le chiese e moltiplica i templi del consumo? Cosa dice Maria assunta a questa cultura stanca, che dimentica Dio e si accanisce a vivere come se l’eternità non esistesse?
La risposta è nella sua stessa vita: Maria non si è sottratta alla realtà, ma l’ha abitata con fede. È stata donna del silenzio, madre della Parola, povera di sé e piena di Dio. E per questo, alla fine della sua vita, Dio non ha permesso che il suo corpo vedesse la corruzione.
Nell’Assunta, Dio ci ricorda che nulla di autenticamente umano va perduto. Che la carne, quando è trasfigurata dalla grazia, non è peso, ma promessa.
In un’epoca in cui tutto sembra destinato a finire – relazioni, ideali, vocazioni, speranze – Maria è l’icona della fedeltà che non muore, della grazia che riscatta, della bellezza che salva.
Viviamo in un tempo difficile per tanti motivi: guerre, tensioni internazionali, crisi economiche.. Tanti nostri fratelli e sorelle vivono la fede come un’eco lontana, un retaggio culturale più che un incontro vivo. Le nuove generazioni spesso crescono senza sapere chi è Cristo, cosa sia il Vangelo, perché valga la pena vivere per Lui. In tante case, non si prega più. Nelle parrocchie e nei quartieri le campane suonano a vuoto. I simboli cristiani restano appesi, ma svuotati del loro significato.
Eppure, in questo deserto, Maria continua a camminare con noi. Come “donna vestita di sole” (Ap 12,1), illumina il nostro cammino, intercede per noi, ci guida verso Cristo. Come scriveva don Primo Mazzolari: “Maria non parla mai da sola, non si mette mai davanti. Ci prende per mano e ci porta a Gesù. Sempre”.
In un mondo che ci vuole performanti, Maria ci insegna la gratuità. In una società che idolatra l’apparenza, Maria ci mostra la profondità. Nel tempo del rumore, Maria è scuola di silenzio e di ascolto. Nel tempo della solitudine, Maria è madre. Sempre.
Cari fratelli e sorelle, quale invito ci rivolge oggi la Madonna assunta in cielo?
Almeno tre strade concrete: 1. Custodire la bellezza della fede in famiglia, in Diocesi da tempo viene proposta l’iniziativa della lettura del Vangelo nelle case. Ogni casa cristiana può diventare un piccolo santuario, come questo di Crea. Riprendiamo a pregare insieme, a benedire i figli prima di dormire, a ringraziare prima dei pasti. Una fede vissuta con semplicità disarma la durezza del mondo.
2. Essere Chiesa in uscita, come Maria Maria, subito dopo l’Annunciazione, si alza e va in fretta verso Elisabetta. Anche noi, Chiesa pellegrina e missionaria, siamo chiamati a non chiuderci, ma a portare il Vangelo nei luoghi della vita: scuole, fabbriche, ospedali, paesi desertificati di fede. Portiamo la carità, l’ascolto, la prossimità. Anche solo una visita, un gesto, una benedizione, possono riaprire cuori chiusi.
3. Imparare da Maria la fiducia nella vittoria di Dio. Maria ha vissuto il Calvario, ma non ha perso la speranza. Anche noi, pur tra crisi, persecuzioni culturali, calo di vocazioni, non dobbiamo cedere al pessimismo. Scrive Charles Péguy: “La fede che mi piace di più, dice Dio, è la speranza. Perché la speranza guarda il cielo anche quando tutto grida terra”.
Fratelli e sorelle, in questo
Santuario che per secoli ha custodito la fede del nostro popolo, oggi anche noi ci mettiamo sotto il manto di Maria. Affidiamo a Lei i nostri figli, i nostri anziani, le famiglie, i giovani spesso smarriti e disorientati, le nostre parrocchie a volte stanche, i nostri sacerdoti e diaconi, la nostra Chiesa. Guardiamo a Lei, “segno di consolazione e di sicura speranza” (Prefazio). E alziamo lo sguardo verso il cielo, non per fuggire dalla terra, ma per ritrovare forza per trasformarla.
Maria assunta in cielo, dona anche a noi di credere che il nostro destino è la gloria,
che nulla è inutile se è vissuto per amore, che la bellezza di Dio vince ogni bruttezza del mondo.
A Te ci affidiamo,
Madre dolcissima,
Regina del cielo,
Stella del nostro cammino.
Amen.