Cari diocesani, sacerdoti e comunità parrocchiali,

l’inizio del nuovo anno liturgico, che si apre con il tempo di Avvento, mi spinge a fare una riflessione che vorrei condividere con voi.
Prepararsi ad iniziare un nuovo anno significa anche prendere coscienza della inesorabilità dello scorrere del tempo…
Abbiamo lasciato alle nostre spalle mesi che non avremmo mai immaginato di vivere nella nostra esistenza. Mesi segnati da uno sconvolgimento della vita sociale, relazionale ed economica dovuto a questa pandemia che sta toccando il mondo intero e noi ne siamo ancora immersi. Ci sentiamo fragili, incerti e sfiduciati per le situazioni che si sono create, per gli ammalati, le migliaia di morti, le sofferenze di tante famiglie e comunità e gli anziani sempre più vulnerabili e isolati.
Le relazioni umane sono state messe a dura prova e sono saltate. I più penalizzati sono i bambini, i ragazzi e i giovani, che in questa fase così importante della loro crescita, in cui la relazione con gli altri è fondamentale, sono stati privati di questa dimensione essenziale.

Tra le diverse realtà messe a dura prova da questa crisi sanitaria, c’è anche il tema sulla fede, la vita pastorale delle nostre comunità e il cammino personale di tutti i credenti. Non voglio fare l’analisi della situazione pastorale della nostra diocesi e della Chiesa in generale prima e durante il coronavirus, ma alcune domande prima di iniziare il cammino di Avvento me le devo fare, anche per rimotivarmi e darmi le coordinate su cui costruire il mio percorso di fede.
Che cosa significano per me l’Avvento e il Natale?
Cosa dice alla mia vita un itinerario spirituale come quello che mi propone la Chiesa?
Cosa spero quest’anno dall’Avvento e dal Natale, dopo aver vissuto mesi come questi?
Posso rispondere solo se affronto la mia verità, se entro in me stesso e nel silenzio faccio spazio a queste domande.
Cosa prende attualmente la mia vita?
Quali sono le mie sofferenze?
Quali sono le mie insoddisfazioni?
Qual è il mio desiderio più grande?
Conosco la mia situazione personale… Le mie difficoltà di fede e le mie resistenze interiori.
Che cosa vorrei sentirmi dire?
Devo trovare una risposta, perché questo tempo diventi per me un tempo benedetto. Il cammino dell’Avvento, che apre il nuovo anno liturgico, è un cammino di speranza come annuncio/celebrazione, esperienza viva di una Presenza.
Poiché il tre volte Santo, “Colui che i cieli dei cieli non possono contenere” (preghiera di Salomone – 1 Re 8,27), il Dio Altissimo, in Gesù di Nazaret, è entrato nella storia (è venuto 2000 anni fa), proprio per questo tornerà, per realizzare pienamente quella speranza che va costruendo nei nostri cuori e nella storia con la sua visita permanente.
Abbiamo bisogno oggi più che mai di speranza, per gestire con fiducia il tempo presente così difficile che stiamo vivendo a livello personale, sociale ed ecclesiale, e superare così scoraggiamenti, paure e nostalgie inutili.

A volte si sente dire che l’uomo contemporaneo ha bisogno più di speranza che di fede, ma la speranza che tiene, quella che è apertura permanente alla novità, nasce proprio dalla fede nel Dio che è entrato nella nostra storia di uomini e donne.
Maria, la donna dell’Avvento, ci accompagna in questo cammino di fede e di speranza: nessuno come lei ha vissuto nella fede l’apertura alla novità di Dio; nessuno come lei si è aperto alla presenza di Dio nella storia; nessuno come lei ha collaborato responsabilmente alla costruzione della speranza degli uomini.
Soprattutto nel tempo di Avvento, che è il vero periodo Mariano, Maria è presente nella celebrazione, svolge la sua intercessione materna, risplende come segno di consolazione e di sicura speranza, ci è posta innanzi come modello di vigilanza, pazienza, obbedienza, gioia e abbandono in Dio.
In questi giorni, dopo la festa di Sant’Evasio, sono ritornato in Cattedrale per stare un momento davanti alla statua della Madonna dell’Abbandono, per contemplarla e per lasciar parlare il volto della Madre e del suo Figlio Gesù.
Ecco, per me l’Avvento, è mettermi in un atteggiamento di abbandono in Dio, per accogliere nella vita Colui che è la nostra speranza; Colui che dà senso ai nostri giorni spesso difficili e travagliati come quelli che il mondo intero sta vivendo.
Maria è la donna della Vigilanza, che è uno degli atteggiamenti fondamentali dell’Avvento. L’attesa, che caratterizza l’Avvento, mi suggerisce che ci deve essere ancora qualcos’altro oltre ai problemi che dobbiamo affrontare quotidianamente e che a volte sembrano prevalere fino a soffocarci.
Le letture del tempo di Avvento ci proporranno testi forti e pagine degli antichi profeti, che vogliono aprire il nostro cuore alla speranza.“Se tu squarciarsi i cieli e scendessi“(Is 63,19). È una delle invocazioni più belle e significative in cui trova espressione questo desiderio profondo che è nel nostro cuore: possa Dio spalancare il cielo, che non di rado è coperto sopra di noi e ci appare chiuso, perché la nostra vita diventi più luminosa e più gioiosa.

La stupenda liturgia dell’Avvento, con i suoi testi e le sue preghiere, è la risposta al nostro anelito che ci sia una vita a cui Dio dà la sua impronta.
Sono soltanto belle promesse che ogni anno ascoltiamo e poi non cambia nulla?
Perché il mondo non cambia?
Perché sembra che a volte la situazione peggiori sempre più?
Sono solo pie consolazioni le nostre di credenti?
No, proprio perché facciamo l’esperienza di un mondo in tutta la sua imperfezione, abbiamo il bisogno dello sguardo su un altro mondo, per non disperare.
E già ora il mondo cambia, quando si apre il cielo sopra di noi. Nei giorni bui e oscuri scende una luce e nella nostra paura viene la fiducia. Quando viene Dio,  la nostra vita ritrova senso e direzione. Allora non cambia semplicemente il mondo, ma siamo noi stessi che, con la luce che lui ci porta, viviamo in modo diverso. E il mondo non ci appare più ostile e minaccioso. Con lui, nella nostra umanità, ci sentiamo avvolti dalla sua presenza e vicinanza.
Quando il cielo si apre, si spalanca anche il nostro cuore, perché si apra a Colui che solo può placarlo.
Noi credenti dobbiamo lottare insieme e insieme farci forza, sostenerci a vicenda, contagiarci non con il virus, ma con la fiducia e la speranza, per vincere ciò che ci fa soffrire e ci paralizza la vita. Davanti alla Madonna dell’Abbandono, chiedo che questi giorni di Avvento ci portino il soffio dell’Amore, per ritrovare il gusto della preghiera personale, dell’ascolto della Parola, la fedeltà all’Eucarestia, che è l’incontro continuo con la Luce che illumina le nostre tenebre, e ci sia donato un cuore generoso, per aprirci di più alle sofferenze di chi invoca aiuto ed è nel bisogno.
Buon cammino di Avvento a tutti!

Casale Monferrato, 22 novembre 2020

+ Gianni Sacchi, Vescovo