Al Papa e ai responsabili della Curia romana ha portato l’immagine di una Diocesi che si muove fra difficoltà, ma anche nel segno della speranza, “comunque una Diocesi che cammina con la generosità di preti e laici che donano tempo ed energie per il Vangelo e le opere di carità”. Aggiunge il vescovo mons. Gianni Sacchi, che lo scorso fine settimana ha concluso la “visita ad limina” con i confratelli della Cep: “ Nelle Diocesi piemontesi, come nella nostra, si sta cercando di affrontare il cambiamento d’epoca che tutti stiamo vivendo ben coscienti che ci occorre una ‘conversione pastorale’. Il Papa ne è ben consapevole e ci incoraggia ad essere vicini alla gente e a testimoniare il Vangelo della misericordia di Dio, che è sempre più grande delle nostre miserie e dei nostri fallimenti”.

Con quale spirito ha affrontato la “visita ad limina”?
“Con grande gioia, perché la ‘visita ad limina’ vuol dire incontrare il Santo Padre e i dicasteri che lo aiutano nel governo della Chiesa universale. Contrariamente al passato, quando c’era un preavviso di sei mesi per iniziare a scrivere la relazione sulla situazione della Diocesi, questa volta siamo stati avvisati due mesi prima e questo ha provocato qualche affanno, ma siamo comunque riusciti a fare il lavoro richiesto dai vari dicasteri. Sono andato a Roma non da solo, ma con i miei fratelli Vescovi con cui condividiamo gli stessi problemi e situazioni contingenti. Non è stata la prima volta che ho incontrato Papa Francesco; infatti, nel gennaio 2019 ho avuto il dono di un’udienza privata per quasi 50 minuti. Poi, essendo stato ospitato a Santa Marta in questa settimana, tutte le sere veniva a cena nella stessa sala insieme a noi, seduto al suo tavolo con i suoi collaboratori, con grande semplicità come è nel suo stile”.

Come si è svolta la visita?
“Si iniziava al mattino presto con la Santa Messa concelebrata da tutti i Vescovi piemontesi nelle quattro basiliche maggiori: San Paolo fuori le mura, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Pietro. Poi, seguendo un calendario e un orario preciso avevamo l’appuntamento con i principali dicasteri. Agli incontri c’era quasi sempre il Cardinale prefetto con i suoi collaboratori che, dopo una loro introduzione, stavano ad ascoltare i nostri interventi e le nostre domande. 12 dicasteri sono stati obbligatori per tutti e altri erano facoltativi a seconda delle esigenze dei singoli Vescovi. Devo dire che è stato un ritmo incalzante. Noi piemontesi in questa ultima settimana di gennaio siamo stati i primi ad inaugurare la visita ‘ad limina’ dei Vescovi italiani divisi in 16 regioni ecclesiastiche. I Vescovi siciliani la chiuderanno nella prima settimana di maggio”.

Quali sono stati i momenti che l’hanno colpita di più?
“Per me è stata la prima volta nei dicasteri vaticani e, salvo quello dei Vescovi, dove sette anni fa ho fatto il mio giuramento dopo la nomina a Casale e nel maggio 2021 ho accompagnato don Giampio Devasini per il suo, negli altri non c’ero mai stato. Ho trovato una grande organizzazione con collaboratori qualificati per rispondere alle questioni e alle esigenze che arrivano dalle Diocesi di tutto il mondo. Siamo stati ben accolti ovunque e in alcuni casi ho percepito che erano molto aggiornati sulla situazione delle nostre Diocesi per aver letto le relazioni che avevamo inviato”.

Che cosa le è rimasto nel cuore del colloquio con il Papa?
“Contrariamente alla prassi secondo cui fino a Benedetto XVI c’era un breve colloquio personale con ogni vescovo della regione e poi uno conclusivo tutti insieme, con Papa Francesco l’incontro è avvenuto collegialmente. Ci ha accolti salutandoci personalmente e poi siamo stati con lui per un’ora e mezza per parlare della situazione delle nostre Diocesi e dei problemi pastorali di questo nostro tempo. Il Papa è stato disponibilissimo a rispondere alle domande dei Vescovi e a raccontare anche episodi legati alla sua vita sacerdotale. Nelle Diocesi piemontesi, come nella nostra, si sta cercando di affrontare il cambiamento d’epoca che tutti stiamo vivendo ben coscienti che ci occorre una ‘conversione pastorale’. Il Papa ne è ben consapevole e ci incoraggia ad essere vicini alla gente e a testimoniare il Vangelo della misericordia di Dio, che è sempre più grande delle nostre miserie e dei nostri fallimenti. Ha insistito molto sulla vicinanza ai giovani e sulla loro formazione e si è soffermato sul fatto che occorre ricordare alle nuove coppie quanto è bello e importante il dono dei figli che sono il futuro di ogni comunità e nazione. Il Santo Padre ci ha inoltre ricordato quanto è importante riprendere in mano quello che lui stesso ritiene il documento più importante del suo pontificato che è l’Evangelii Gaudium. La sua prima Esortazione Apostolica che racchiude tutto il suo pensiero e dà indicazioni preziose per la nostra pastorale sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale”.

Che “fotografia” della Diocesi ha portato al Santo Padre e ai dicasteri vaticani?
“Ho portato la fotografia di una Diocesi che rispecchia quella delle altre nostre sorelle del Piemonte: crisi vocazionale anche se qualche germoglio sta spuntando, clero sempre più anziano, forte denatalità, spopolamento dei piccoli paesi e problematicità sempre più crescenti nel portare avanti una pastorale di conservazione e con la fatica e le resistenze nell’esprimere una ‘Chiesa in uscita’. Nella relazione personale ho descritto il cammino che stiamo facendo con le Unità Pastorali e le difficoltà che incontriamo per attuare i principi che le hanno ispirate. Comunque, una Diocesi che cammina con la generosità di preti e laici che donano tempo ed energie per il Vangelo e le opere di carità”.

Che cosa le rimane di questo straordinario pellegrinaggio?
“Mi rimane la gioia di aver vissuto questa esperienza con i miei fratelli Vescovi che condividono con me le fatiche del ministero episcopale. Sono andato al centro della cristianità, dal successore del beato Pietro, per essere confermato nella fede da lui.
Anche la celebrazione nelle quattro basiliche maggiori è stata significativa: a San Paolo e a San Pietro, sulla tomba dei due santi Apostoli, le colonne della Chiesa di Roma. A San Giovanni in Laterano, la Cattedrale del vescovo di Roma, la Madre di tutte le chiese. A Santa Maria Maggiore, nella splendida basilica dedicata alla Madre di Dio dove si venera l’antichissima icona della Salus Populi Romani. E anche l’esperienza di aver incontrato Vescovi, cardinali di ogni parte del mondo è il segno tangibile della Cattolicità della nostra Chiesa. Pietro ci ha incoraggiati ad andare avanti nonostante le difficoltà di questo momento storico e noi lo faremo guidati dal suo alto magistero”.